PELE’ IO L’HO MARCATO

In questi giorni, dove il nome di Pelè ancora riecheggia tra programmi TV e giornali, c’è un Cadidavese che del calciatore brasiliano ha un ricordo indelebile e per un motivo non da poco: lo ha marcato.

Abbiamo recentemente avuto il piacere di scambiare due parole con Roberto De Paoli, classe 45, nato a Buttapietra ma Cadidavese di adozione con i primi calci nell’A.C.D. Cadidavid, che nel suo passato ha avuto modo di conoscere da vicino, sul campo da pallone, Edson Arantes do Nascimento, meglio conosciuto come Pelé, O Rei del calcio.

Roberto, innanzitutto grazie per la tua disponibilità e testimonianza per quello che crediamo, senza paura di essere smentiti, sia stato uno, se non il più grande, calciatore nella storia di questo sport

Grazie a voi per avermi dato la possibilità di raccontare questa mia esperienza, e si, Pelè è stato certamente un grande calciatore ma è stato sopratutto un grande campione. Nella mia carriera calcistica ho avuto il piacere di affrontare molti giocatori e campioni come Rivera, Corsi, Mazzola, ma Pelè rimane per me il più grande, un campione in campo ma anche nella vita, un ispiratore che ha saputo dare il giusto valore anche ai tifosi e non solo alla stampa

Negli anni passati, con l’intento di fare ammirare i propri campioni, Pelé in primis, diverse furono le tournée in Europa dei bianconeri del Santos. Nel 1967, la storica società calcistica brasiliana di San Paolo, passò anche dall’Italia con tappa a Mantova nella quale, come riferito da un nostro lettore, tu hai potuto appunto conoscere Pelè. Una esperienza che siamo certi ancora oggi ricordi con piacere, cosa puoi raccontarci di quel giorno?

Ricordo bene quel giorno, giocavo nel Mantova, era il 17 giugno del 1967, stadio Martelli con 12 mila persone che aspettavano solo di vedere i “Samba Boys” giocare. Tra i calciatori brasiliani presenti ricordo ancora con piacere Eden un talentuoso 18 enne che giocava mezz’ala così come Wilson, Santana detto Teodoaldo un ragazzo di 17 anni e un centrocampista davvero formidabile e Carlos Alberto Toda un terzino di 24 anni che al tempo aveva segnato 12 reti in campionato, anche se il più popolare era chiaramente Pelè. Quando negli spogliatoi il mio allenatore Cadè mi disse che avrei marcato il numero 10 brasiliano, che al tempo conoscevo solo per la fama che lo precedeva, lì per lì ero rimasto senza parole, ma poi, una volta sceso in campo, ho pensato solo a concentrarmi perché sapevo che solo così sarei riuscito a svolgere bene il mio compito: marcare Pelè. La partita fu davvero intesa, perdemmo 2 a 1, ma c’è da dire che al tempo la nostra formazione era composta anche da giocatori in prestito da altre squadre perché il Mantova, quella stessa settima, era di fatto impegnato in un altra competizione fuori Italia

Del suo modo di stare in campo invece avevi avuto potuto apprezzare quel famoso stile “Ginga” di divertirsi e godere in maniera spensierata del gioco senza troppi schemi e tattiche?

Senza dubbio, Pelè era certamente un giocatore di un altro pianeta, aveva un fisico robusto e delle gambe possenti che gli donano una velocità e un’imprevedibilità fuori dal comune, ma non aveva solo il fisico, era forte anche mentalmente, aveva come una reazione istintiva, immediata, come pensava ad una giocata l’aveva già realizzata. Anche i suoi compagni di squadra però non erano da meno, si vedeva che avevano un modo diverso di interpretare il calcio, sempre e rigorosamente a ritmo di samba. Al tempo certe giocate non si vedeva in Europa tanto meno in Italia e tra loro e i Globetrotters del basket, anche loro in tournée in quegli anni, non saprei proprio dire chi faceva girare di più la palla.

Ma quindi Roberto, tu che l’hai marcato da vicino, come si poteva fermare un giocatore di quella forza e tecnica?

Pelè non lo fermavi, potevi solo provare a contrastarlo, qualche volta ci sono riuscito altre sono andato lungo, ma in quella partita credo comunque di avere fatto bene, ricordo di avere ricevuto diversi complimenti dai miei compagni e dalla stampa

C’è qualcos’altro, oltre al calcio giocato, che ricordi con piacere di quelli serata?

La sua disponibilità con tutti prima e dopo la partita, si capiva che era un campione gentile, il suo essere così semplice ti metteva allegria

In una recente intervista il fuoriclasse della Seleçao Neymar ha dichiarato di essere d’accordo con l’affermazione che prima di Pelé il 10 era solo un numero e che il calcio era solo uno sport, è un pensiero che ti senti di condividere?

Da quando ho memoria il numero 10 è sempre stato indossato dai campioni, come calciatore preciso che il numero 10 per me è Maradona, ma la maglia numero 10, quella del campione, per me è di Pelè

Bene Roberto, grazie ancora per quanto hai voluto condividere con noi confermando che dietro al campione Pelè, c’è stato anche un grande uomo. Una testimonianza che auspichiamo possa giungere anche alle nuove generazioni di calciatori ricordando che come diceva O Rei, “Il successo non è mai un caso, è duro lavoro, perseveranza, apprendimento, studio, sacrificio e soprattutto amore per quello che fai o impari a fare”.