IL PRIMO VILLAGGIO ESTATE CADIDAVID

A circa un mese dalla fine del primo “Villaggio Estate Cadidavid”, che ha portato i nostri giovani a conosce il paese tra e con iniziative a cura di alcune delle associazioni e realtà del territorio, abbiamo voluto chiedere un parere su questa prima e nuova esperienza a Gianluca Cassin, Don della nostra parrocchia e uno dei principali coordinatori dell’iniziativa.

Don Gianluca, allora com’è andata questa nuova avventura?
“Credo che l’esperienza del Villaggio Estate Cadidavid sia nata da una duplice provocazione che Papa Francesco ci ha lanciato: la prima è che “Peggio di questa crisi c’è solo il fatto di sprecarla” per cui ci siamo guardati in faccia con Don Ottavio e abbiamo provato a intuire una possibilità concreta per vivere un tempo fecondo pur dentro le difficoltà attuali che tutti conosciamo. La seconda provocazione sta dentro un detto africano ripreso anche dal Papa, secondo cui “Per crescere un bambino occorre un villaggio”. E così abbiamo pensato che Ca’ di David potesse davvero trasformarsi in un villaggio in cui bambini, ragazzi e adulti potessero tutti collaborare nel donare al bambino e nel riscoprire in sé stessi uno sguardo bello e creativo.”

Citando il motto di questa iniziativa, “Per educare un bambino serve un intero villaggio”, credo che quest’anno abbiate voluto trasmettere un maggiore senso di comunità, è così?
“Proprio così! Come accennavo anche sopra, è dalla positività che nasce dentro un “Noi” comunitario che è possibile far sorgere un’educazione capace di chiamarsi tale. Le persone coinvolte hanno potuto mettere a disposizione la propria umanità e le proprie competenze per questi bambini e questi ragazzi, per farli sentire accolti e desiderati. Però non voglio dare un quadro troppo sentimentale della cosa, quasi da favola: abbiamo vissuto anche momenti di fatica perché i bambini e i ragazzi hanno portato ogni giorno quello che sono e che vivono dentro. Si portano dietro (e dentro) la casa, quindi la vita che vivono quotidianamente.”

Dove e quali attività, bambini e adolescenti, hanno potuto svolgere?
“Diversi sono state le attività proposte: dalle attività creative proposte dal Circolo Noi, alle passeggiate con il Don (cioè il sottoscritto) per conoscere i capitelli del nostro quartiere, per poi andare alle attività sportive vissute al campo parrocchiale assieme agli amici del CSI, in primis nella persona di Chiara Magnabosco. Interessanti e davvero coinvolgenti anche le attività di teatro, cinema, danza creativa e fattoria didattica proposte rispettivamente da Filippo Avesani (il seminarista in esperienza presso la nostra parrocchia), Don Francesco Marini, Elena Bonafini e la famiglia Accordi. Anche la realtà della Fossa Bova ha dato un importante contributo, offrendo il suo spazio per poter stare a contatto con la natura e con le attività proposte che mirano a valorizzare questo bellissimo e delicato paesaggio naturale. Infine i ragazzi del terzo anno Ado si sono impegnati in un’attività da loro stessi proposta, dal titolo “Dalla quinta alla prima” che era dedicata in maniera particolare ai bambini che dalla quinta elementare passano in prima media: un modo per accompagnarli in amicizia, un po’ di preghiere e qualche gioco in questo passaggio importante per la loro età e per la loro vita. Davvero un grazie a tutti per averci messo proprio il cuore che è sempre quello che fa la differenza.”

Abbiamo notato una grande partecipazione, immaginiamo sarà stato aiutato nell’organizzazione.
“Il tutto ha richiesto certamente uno sforzo organizzativo non indifferente, ma la passione e il desiderio di chi ha risposto positivamente all’invito che avevamo lanciato ha reso decisamente tutto più semplice. Un grazie certamente al circolo Noi che ci sostiene nelle nostre attività parrocchiali e non fa mancare l’appoggio sia di persone che di spazi che vengono tenuti curati per poter svolgere le attività in sicurezza. Un grande grazie mi sento di dirlo anche al gruppo giovani che ci ha dato una mano nel gestire la parte organizzativa nel momento delle iscrizioni. Alcuni di loro, inoltre, erano anche impegnati nel gestire le attività del CSI. Un grazie anche agli amici dell’Agape per la cura del campo parrocchiale. E non può mancare il grazie dal cuore agli adolescenti che si sono impegnati nell’animazione e nell’aiuto nei vari laboratori. Assieme ai loro animatori sono davvero una speranza e un segno tangibile che è possibile ripartire da qualcuno che decide di esserci. E questo vale per tutte le persone che ho citato qui sopra, naturalmente!”

Tra le diverse realtà crediamo che il circolo Noi sia stato fondamentale, quant’è importante poter contare su questo punto d’incontro e i suoi volontari?
“Come dicevo prima è fondamentale. C’è una parte di organizzazione che nessuno vede e che è sulle spalle di alcune persone volontarie che si prendono cura della gestione amministrativa, organizzativa, della cura degli spazi, nel pensare alle attività proposte, acquisto materiali, insomma, un grande grazie a questa realtà che attende anche il momento opportuno per riprendere l’attività in pieno dopo un anno e mezzo di sospensione.”

In questo periodo, dove il Covid ha di fatto cambiato il nostro modo di relazionarci, come ha trovato i nostri giovani?
“Riprendo ancora una frase del Papa che mi pare traduca bene non solo ciò che abbiamo vissuto nella pandemia, ma in generale il tempo in cui siamo immersi (e che la pandemia ha accelerato): stiamo vivendo un cambiamento d’epoca e quindi tutto ci pare più precario, fragile, a volte si fa fatica a prendere l’iniziativa perché lo sforzo richiesto sembra il doppio rispetto al passato. Di questo gli adolescenti e i giovani risentono tantissimo. La grande sfida è quello di tenere vivo il desiderio, cioè di far in modo che dentro queste esperienze e dentro ogni esperienza c’è la possibilità di intravvedere una luce che brilla dentro di noi e che ci aiuta a restare uniti. C’è qualcosa che resiste ancora e che si manifesta dentro un grande desiderio di relazioni vere, belle, liberanti! Questo ci consente ancora di parlare la stessa lingua e di non cedere la nostra libertà al mondo virtuale che sembra, talvolta, volersi divorare tutto.”

Chi ha partecipato a queste 4 settimana, cosa pensi ricorderà dell’esperienza vissuta?
“Spero il fatto che al termine della settimana tutti si ricordavano i nomi di tutti!”

Il prossimo momento di comunità, incrociando le dita, dovrebbe essere la sagra, la parrocchia sarà presente con qualche iniziativa o attività?
“Saremo presenti nel servizio con il gruppo Agape che si prende cura della parte organizzativa della sagra e poi con il circolo Noi, con adolescenti, giovani e tutti coloro che desiderano non dar nulla per scontato, perché se una cosa dovrebbe averci insegnato questo tempo (anche se riconosco che è un difficile cammino che ci sta davanti) è che non possiamo dar nulla per ovvio e per dato: sarebbe bello se potessimo riconoscere tutto come dono. In questo la parrocchia e la nostra comunità saranno presenti: in persone che ci sono con un grande desiderio di esserci per vedere se è ancora possibile incontrarsi davvero. Non è bello ricominciare con questa coscienza a vivere tutti i momenti in cui la comunità si riconosce unita? Che il Signore ci doni un tempo che ci consenta di interiorizzare e non di disperdere il senso delle tante occasioni di relazione che stanno tornando finalmente ancora possibili.”

Ringraziando Don Gianluca Cassin per il suo tempo, auspichiamo che l’esperienza vissuta sia stata un esempio di come sia possibile vivere insieme la nostra comunità, nonostante le difficoltà che la vita ci mette davanti.