DOMENICA DELLE PALME

Per la nostra rubrica “Lettera da un paesano” vogliamo riportarvi, tramite le parole della nostra compaesana Roberta, quello che anche per noi era e siamo certi è tuttora, il giusto spirito che accompagna questa giornata di comunità.

“Quando ero piccola questa domenica iniziava sempre in modo intenso. Il tempo era quasi sempre bello, come oggi, si iniziava a vestirsi più leggeri, e bisognava vestirsi eleganti. In qualche strano modo, finivo sempre per indossare una gonna blu e qualcosa di rosa, scelte meticolosamente pianificate dalla mamma, ma non c’era niente da fare, quelli erano i colori.

Bisognava partire presto, e c’era sempre un motivo preciso: perché dovevi sederti con gli altri bambini del catechismo, e bisognava andare alla messa delle 9.30, perché quella era la messa principale con tutta la comunità. Sicché mi ricordo come fosse ora la strada fatta a piedi, in un modo o nell’altro andavo sempre da sola, a passo svelto e un po’ preoccupata. Perché avevo nel cuore mille ansie perché forse presto non era abbastanza presto, perché forse non avrei trovato subito il mio gruppo e mi sarei sentita dispersa, perché forse mi sarei vergognata di sedermi davanti a tutti… e mica lo sapevi, dove saresti finita per stare seduta, perché c’era una folla infinita, e ogni pezzettino di gradino era buono.

Per il ramo di ulivo non c’erano mai problemi, perché, che partissi da casa avendolo già preparato o che lo cercassi all’ultimo minuto, ce n’era in abbondanza in ogni angolo, fuori e dentro la chiesa. Occorreva solo trovarne uno che fosse proporzionato a se stessi, e cercare di non farsi finire il ramo di nessuno in un occhio.

Poi sono arrivati (presto e tantissimi!) gli anni del coro, e allora non solo si andava presto, perché la messa da animare era sempre quella delle 09.30, ma c’era da fare il doppio turno, perché mica la lasci scoperta, la messa delle 11.00 a cui canti sempre. E il doppio turno lo facevamo tutti, e tutti contenti di farlo. La predica veniva magnanimamente ridotta al minimo, a vantaggio di quel Vangelo infinito, letto a più voci da diversi luoghi dell’altare, da persone e sacerdoti che conoscevi e a cui a volte volevi molto bene.

Il fatto che si facessero insieme acclamazione e introduzione alla Passione restava sempre motivo di incredibile stupore. Ma di certo si sentiva di entrare tutti insieme in una settimana fuori dal tempo e dentro tutti i tempi, in giorni importanti, antichissimi e di oggi insieme, tutti diversi, tutti con il loro significato, tutti che avrebbero recato tanto stupore al cuore. E il sentimento era quello di volerli vivere pienamente quei giorni, con un senso di reverenza immutato nei decenni, che fossi bambina o ragazza o giovane adulta, per i doni di mistero interiore che mi avrebbero dato, e ogni anno un passo in più.

Sono grata oggi a tutti coloro che in ognuno di quei tanti e bellissimi anni hanno curato tutto perché io potessi ricevere tanto. E so che ovunque sono, oggi si impegnano allo stesso modo. E ricordano anche loro lo stupore del cuore e l’allegria di servire. Perché, in una Domenica delle Palme come non avremmo mai immaginato di vivere, io posso ripresentarmi alla mente e al cuore tutti quei volti amici e tutti quei momenti intensi. E riviverli insieme a quella bambina che camminava svelta e un po’ preoccupata per la strada e a quella ragazza nel coro, che guardava dall’alto la distesa di rami di olivo e sentiva ogni volta quello stupore del cuore. E in omaggio a loro, alla loro genuinità e a tutte le loro speranze, guarda un po’ sono finita per indossare anche oggi qualcosa di blu e qualcosa di rosa. Perché non c’è niente da fare, questi sono i colori.

Buona Domenica delle Palme!”.